Con il termine restomod si indica un restauro eseguito con delle modifiche e con componenti moderni su telaio/anima vintage. La parola deriva da una contrazione di resto e mod. Un esempio può essere una motocicletta con vari decenni alle spalle che viene rimodernizzata, mantenendo l'anima originaria, questo GPZ 1100 di Sanctuary Tokyo West è un perfetto esempio di questa descrizione.
La Kawasaki GPZ 1100, venne prodotta dal 1981 al 1998, in due serie, la prima serie, va dal 1981 al 1988, nella versione naker con la sigla finale"F 1", mentre nella versione normale (senza sigla finale) la moto era munita di carenatura che non era tutta unita, ma divisa in cupolino e puntale, andandosi a sfiorare l'un l'altro. Dopo qualche anno di pausa, venne presentata la seconda serie dal 1995 al 1998 nella sola versione carenata, con la variante dell'impianto ABS. Il primo modello del 1981 è stata la prima moto costruita in serie ad usare l'iniezione elettronica al posto dei carburatori.
Mentre l’ultima rappresentava una vera innovazione, sia come concezione che come caratteristiche tecniche, le altre due altro non erano che le più recenti evuluzioni del leggendario 4 cilindri DOHC della mitica Z1del 1972. Questo gagliardo, potentissimo, semplice (ed indistruttibile) bialbero raffreddato ad aria ha caratterizzato tutta la produzione kawasaki degli anni ’70 ed ’80.Il primato esclusivo delle Kawa durò pochi mesi perche a fare loro compagnia (ma non a superarle) arrivarono a breve la Suzuki 1100 Katana e la Honda VFR1000R carenata. Ma torniamo al GPz1100. Questo gigante della strada(peso ed interasse da furgoncino) era l’evoluzione della prima serie caratterizzata dalla coppia di ammortizzatori posteriori e dalla impostazione da Naked dura e pura.
La nuova GPz invece aveva un cupolino abbastanza protettivo, la sospensione posteriore Unitrack ed il sistema anti-dive sulla forcella.L’impianto di iniezione era stato perfezionato e fa ancora una certa impressione sentire tutti i ronzii di pompe elettriche, l’accensione di led colorati sulla centralina nel codone e l’illuminarsi di tutti i cristalli liquidi del pannello di controllo (sul serbatoio!) e di tutte le luci spia al momento di inserire il contatto di accensione che preleva la preziosa corrente da una batteria di dimensioni quasi automobilistiche! L’avviamento è comunque prontissimo come nessuna moto a carburatori può vantare.
L’assetto di guida era sensibilmente spostato verso l’anteriore ed anche le pedane erano più arretrate. Questo si traduceva in un più efficace approccio alla guida ad alta velocità e sul dritto ma ne facevano una moto veramente “fisica” nelle manovre a bassa andatura e nel misto stretto. Il motorone aveva l’incredibile potenza (per l’epoca) di 120 cavalli e l’erogazione era estremamente lineare al punto da sembrare un po’vuota in basso.
Questo in realtà era dovuto alla progressività dell’erogazione tipica del sistema ad iniezione, che mancava della risposta rabbiosa alle aperture del gas che invece garantiscono 4 grossi carburatori. Per questo motivo il cambio è solo a 5 marce e vi assicuro che sentire i quattro grossi pistoni che frullano a 9000 giri con il tachimetro che oscilla nei paraggi della scritta 250 è tutt’oggi una bella sensazione!
Certo che poi bisogna fermarla...... Infatti sebbene i 3 dischi garantiscano una bella decelerazione non bisogna pensare di avere a che fare con i moderni impianti frenanti. Inoltre il sistema anti-dive, caratteristico di tutte le sportive anni ’80, impedendo l'affondamento della forcella oltre che a mancanze di aderenza dovute a come se questa fosse rigida, fa sì che rimanendo l'avancorsa a valori elevati rende la moto più stabile ma meno manovrabile. Quindi se andavi dritto continui ad andare dritto, ed è per questo che il GPz è una moto "fisica" in quanto per farla girare oltre alle forze che scaturiscono dalla variazione della impronta a terra del pneumatico ti devi aiutare con corpo e pedane!
Il fatto che all’epoca le idee dei progettisti fossero quantomeno confuse in un periodo di transizione tra le vecchie superbikes e le nuove Supersport si estrisecava con le più disparate misure delle ruote in modelli della stessa casa. Infatti in Kawasaki si aveva 19 pollici ant./17 post per il 1100, 16 ant/18 post per il 900 e due 18 pollici per il 750; is Suzuki la Katana aveva 19 ant/17 post mentre la serie GSX 550/750 ES aveva 16 ant/ 18 post, in Yamaha due ruote da 16 pollici per la FJ 1100, 19 ant/ 18 post per la TX/XS500 etc etc. Il mondo è bello perchè è vario. Ci penseranno le race-replica degli anni successivi (capostipite la GSX750R) ad uniformare per tutti la ruota da 17, ma questa è un altra storia.
From Troppobella
classic bikes never die,they do an magnificent job for build this bikes.
ReplyDeleteHi, the 1100 kawasaki from sanctuary is beautiful, I'd like to do something dimilar with my gpz900r but want to install a front with a 17" wheel, can you give me any support/information? what can you suggest me? Thanks a lot. Francesco
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