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MAGAMI: quando una show bike è anche una vera race bike

 Ogni tanto capita di imbattersi in una moto che non chiede attenzioni: se le prende da sola.
MAGAMI, una Buell S1W White Lightning del 1998, è una di quelle. Ed è uno dei motivi per cui l’ho inserita senza esitazioni nella mia Top 10 di quest’anno.

Non solo perché è bella — lo è, in modo asciutto e cattivo — ma perché è funzionale davvero, esattamente come la racconta il suo creatore. 

MAGAMI è una moto personale, non un esercizio di stile nato per compiacere un pubblico o un cliente. Ed è proprio qui che il progetto diventa interessante.

Quando un costruttore è libero dalle restrizioni di un potenziale cliente, dai gusti imposti, dalle richieste “fammi così perché va di moda”, emerge la sua vera visione.
È in quel momento che capisci se hai davanti un semplice esteta — uno che compone forme — oppure qualcuno che costruisce con una visione funzionale, dove ogni scelta deve prima funzionare e solo dopo, eventualmente, piacere.

MAGAMI nasce esattamente in questo spazio di libertà totale.
Non c’è mediazione, non c’è compromesso. È la moto come il suo creatore la immagina, la guida e la pretende. Ed è per questo che ogni soluzione tecnica è coerente, anche quando è complessa, anche quando non è la strada più facile.

Essendo la sua moto, il progetto è stato impostato senza compromessi: piatta, stretta, essenziale, esattamente come l’aveva immaginata. In piena coerenza con la filosofia SURESHOT, che punta all’equilibrio reale tra design e ingegneria, MAGAMI è una show bike costruita per essere veloce in pista.

Il nome significa “dio del lupo bianco” e già questo dice molto dell’approccio. La moto è personale, vissuta, portata al limite fino a rompere il motore durante un inseguimento in autostrada. Otto anni ferma, poi la decisione giusta: riportarla in vita non come restauro nostalgico, ma come evoluzione tecnica.

Il progetto segue una linea precisa: piatta, stretta, essenziale. Niente orpelli. In pieno stile SURESHOT, design ed ingegneria camminano insieme. Ogni modifica ha un senso meccanico prima ancora che estetico.

Il piano è chiaro: correre. Non “forse”, non “un giorno”.

L’obiettivo era chiaro: superare i limiti storici della Buell, rendendola più leggera e più potente.

Il primo vero punto di forza è il motore.
Alesaggio e corsa restano originali, ma tutto il resto viene ripensato in funzione delle prestazioni: albero a camme ad alta alzata, lavorazione dei condotti della testa e bilanciatura completa del motore.

Lo scarico è un pezzo chiave del progetto: un impianto completo in titanio realizzato su misura, con collettori anteriori e posteriori a lunghezza uguale. Non una scelta estetica, ma funzionale. Il risultato, dopo la messa a punto sul banco prova a rulli interno, è concreto: 90 cavalli alla ruota e una curva di coppia piatta da 10,4 kg-m. Numeri veri, misurati, non dichiarati.

Ma MAGAMI diventa davvero interessante quando si guarda il telaio.

Uno dei punti deboli storici delle Buell — la sospensione posteriore montata sotto il basamento del motore — viene completamente eliminato. Al suo posto troviamo una sospensione Racing Bros ad alte prestazioni, appositamente tarata.

La riprogettazione del sistema di sospensione posteriore è stata una delle parti più complesse dell’intero progetto. Fissare la sospensione a un motore montato su supporti elastici, inclinarla, allungare il forcellone e gestire correttamente i carichi ha richiesto calcoli complessi dei leveraggi.

La soluzione finale prevede la sospensione posteriore montata diagonalmente sul lato sinistro del telaio, tramite un sistema di leveraggi che elimina qualsiasi stress sul carter motore. Una scelta tecnica difficile, ma corretta.

Il forcellone è stato completamente riprogettato in configurazione rovesciata, ispirandosi al monobraccio Ducati S4R, ed è stato allungato di 30 mm rispetto allo standard per migliorare stabilità e trazione.

All’anteriore troviamo forcelle Racing Bros rovesciate, leggere e specificamente tarate per questa moto, abbinate a piastre di sterzo realizzate su misura per aumentare la rigidità complessiva dell’avantreno.

Anche la parte ciclistica “secondaria” segue la stessa logica funzionale.
Il serbatoio è realizzato in lamiera di alluminio, così come il serbatoio dell’olio, raffreddato ad aria e montato su supporti in gomma. Il telaietto posteriore, integrato con il codone, è costruito in lega di alluminio 7N01.

Per ridurre le masse non sospese sono stati scelti cerchi Marchesini forgiati in alluminio, mentre la frenata è affidata a pinze monoblocco Brembo GP4-MS. Scelte che non hanno bisogno di spiegazioni.

MAGAMI è una moto dove ogni dettaglio ha un motivo. Non c’è nulla che sia stato fatto solo per “apparire”. Ed è proprio questo che la rende credibile, oltre che bella.

Oggi è sempre più raro vedere special estreme che mantengono una vera coerenza tecnica. MAGAMI ci riesce. È una show bike che può entrare in pista senza alibi. Ed è per questo che, quest’anno, è entrata di diritto nella mia Top 10.

Bella sì.
Ma soprattutto funzionale, esattamente come racconta chi l’ha costruita.

 Sureshot | Instagram


Takuya Aikawa

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